Nel Bosco Sacro, la Creazione dell’Androgino,
è un percorso iniziatico che si svolge attraverso
il simbolismo della geometria e dei numeri,
partendo dal presupposto che il numero sia
una vera e propria entità e la geometria ne
costituisca la forma.
Scopriamo l’interazione e la compenetrazione
dei triangoli, simboli trini della creazione, ne
assorbiamo l’essenza, lasciandoci riequilibrare
e bilanciare nei nostri due aspetti, opposti ma
inscindibili, del maschile e del femminile dal cui
“bilanciamento” scaturisce l’androgino che
porta al superamento della dimensione umana
verso uno stato di coscienza “altro”.
Le entità numeriche ci insegnano che ciò che è
potenzialmente attivo, ’energia creatrice,
l’UNO, è di per se stesso inerte. È necessario
passare attraverso il DUE, attraverso la duplicità,
il femminile, per far si che scaturisca la
creazione, il TRE, che diventa poi materia col
QUATTRO.
Allora sveliamo la DEA e le restituiamo il suo
posto d’onore nell’ambito della creazione,
riconoscendola come elemento imprescindibile
della Trinità.
Siamo in uno spazio sacro dove la ricerca del
divino passa attraverso l’ascolto e la compenetrazione
con la creazione, il Bosco.
Arriviamo infine all’albero cosmico, che trae
nutrimento dal cielo ed elargisce frutti sulla terra,
in un continuo stato di Abbondanza: la Dea
Madre.
“dell’arbore che vive della cima,
e frutta sempre, e mai non perde foglia”
Dante, Paradiso XVIII 28
Entro nel giardino e proprio nel centro
lo vedo
la vedo
proprio nel centro vedo l‘albero
ed è dal cielo
che egli trae il suo nutrimento
che ella trae il suo nutrimento
il nutrimento
egli lo trae dal cielo
ella lo trae dal cielo
frutti in abbondanza
egli genera
ella genera
notte e giorno
e giorno e notte
egli genera frutti
ella genera frutti
e li genera in Abbondanza
Stefania Ricci
Presentazione di Simona Cardinali
Occhi chiusi, piedi nudi, vesti morbide e sottilissime,
solo questo ci viene chiesto per
entrare nel bosco sacro. Correnti ancestrali
soffiano misteriose e regole algebriche deviano
in senso rigoroso i soffi di vita che anelano
l’antropomorfa creazione.
Un ovulo nascosto, perfettamente fecondato
aspetta in un orifizio prezioso di una ruga
d’albero, la sua prima alba. Creano leggeri
spostamenti d’aria, le delicate e studiate
opere di Stefania Ricci e lo spettatore avvolto,
viene portato in aria per poi essere riposto in
una dimensione diversa da quella conservata
nella sua più recente memoria.
Inequivocabilmente, il pensiero sfugge verso
artisti come il ben noto Giuseppe Penone,
che dalla natura derivano il loro fare artistico.
L’artista piementose vede nella natura la
sovrana forza generatrice di forme archetipe,
a cui sta alla natura stessa la volontà di modificarle
per dotarle di senso, anche quando
l’uomo interviene con i suoi controllati innesti.
Forme naturali cresciute in stampi, resine
vegetali su cui stampare impronte umane, è
comunque sempre la “pachamama” la madre
terra a dirigere con le sue innate leggi calcolate,
tutti i processi di generazione.
Stefania Ricci interroga la natura, e quel che
ne esce è la traduzione artistica di un partecipato
profondo colloquio tra due esseri accomunati
dalla capacità di creare: la natura con
i suoi ritmi universali, la Ricci con materie
artistiche rette da speculazione filosofica.
I simboli della creazione aprono il percorso
che scivola tra gli spazi, una sottile linea
rossa pulsa e segna la direzione. Per muoversi
è necessario seguire tappeti di foglie,
che i sospiri di un vento fertile ha depositato
da una stanza all'altra.
L'equilibrio di un asse sospeso regge i cardini
della creazione, l'uomo e la donna; ma è
chiaramente la donna a orchestrare e
permettere l'atto finale.
E' la donna che dà vita, presente in tutte le
opere di questo luogo e che pone come
custode del bosco sacro, (di cui ne è indiscutibilmente
la padrona) l’androgino, sua
protetta creatura. L'alta e snella figura
bianca, le cui sembianze nascono dalla fusione
dei simboli dei due sessi, la possiamo
segretamente spiare mentre intrattiene un
sublime dialogo con l'albero della vita dalle
radici rivolte verso il cielo.
Il germogliare di foglie dorate, dal sottile fusto
d'albero finemente intagliato, svela l'amore e
l'ancestrale fusione dei due personaggi, che
da anni compiono antichi rituali e aspettano
da tempi immemori di essere riassorbiti da un
vortice di linfa vitale.
Simona Cardinali
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